La Falanghina è un tipo di uva campano, da cui viene generato un vino bianco pregiato. La provenienza è molto antica; deriva da un vitigno molto antico, originario delle pendici del Taburno e di alcune aree dei Campi Flegrei. (continua)
La Falanghina è un tipo di uva campano, da cui viene generato un vino bianco pregiato. La provenienza è molto antica; deriva da un vitigno molto antico, originario delle pendici del Taburno e di alcune aree dei Campi Flegrei. Sebbene queste siano le zone di produzione primarie, si propongono da diversi anni produzioni di vare aree campane, tra le quali spicca anche l'isola di Procida.
Le uve Falanghina danno vita a diversi vini, molti dei quali DOC e considerati tra i migliori esemplari di bianchi italiani come, ad esempio, la Falanghina di Galluccio, dei Campi Flegrei, di Taburno.
I vini bianchi che si generano dalla Falanghina sono sia monouve, quindi prodotti in purezza, che ottenuti con un mescolamento di uve. Le caratteristiche del grappolo si ritrovano nella sua forma conica, dotata di abbondante pruina, acini numerosi e compatti. La vite è robusta, prevede maturazioni fin dalla seconda metà di settembre con rese piuttosto abbondanti. L'uva Falanghina è ritenuta, inoltre, piuttosto fertile e resistente, in entrambe le sue differenti varianti di vitigno: il beneventano e il Flegreo. Quest'ultima tipologia, in particolare, ha registrato una più ampia diffusione, oltre i confini campani, raggiungendo aree molisane e pugliese, dove ha preso la denominazione di Falanghina mascolina.
Nel corso del tempo si è passati da vinificazioni mirate alla distillazione e pensate per produzioni di quantità, a metodi di coltivazione più raffinati, destinati a produzioni di più alto livello e di qualità. Le potature, ad esempio, si sono condotte con maggiore rigidità e hanno portato a una pianta con 8 gemme massime e impianti a Guyot basso. Grazie a questi accorgimento i vigneti di Falanghina hanno regalato prodotti di grande pregio, distinguendosi in tutta Italia, per originalità e bonta dei vini di queste uve.
Tra i vini di sole uve Falanghina ritroviamo alcuni celebri DOC italiani: il Guardiolo, il Sant'Agata dei Goti, il Sant'Agata dei Goti passito, il Sannio, il Solopaca, il Taburno.
In molti casi, molti di questi vini come gli ultimi tre elencati, presentano la versione spumante, considerata particolarmente pregiata da un punto di vista qualitativo. Molto amati, inoltre, i passiti prodotti da queste uve, decisamente dolci e ben calibrati.
E' anche la base di vini come il Galluccio o il Falerno del Massicio, il Capri DOC bianco e il Costa d'Amalfi.
Le caratteristiche più tipiche dei vini prodotti con una Falanghina pura, come ad esempio il Sannio, si ritrovano nella colorazione giallo paglierino, nel profumo fruttato e pungente e nel retrogusto acidulo e fresco.
Come la terra da cui viene prodotta, la vite della Falanghina sembra avere assorbito le caratteristiche porose e assorbenti dell'area vulcanica. Rilascia tutti i tratti tipici delle coltivazioni mediterranee: aromi di limoni, pesche, agrumeti, frutta secca e miele. Dopo il secondo anno assume, invece, sfumature di menta e di fiori di campo. Mantiene un buon livello di acidità e per non alterarne la composizione di base è prevista la sua conservazione in botti d'acciaio, anziché in legno. Non mancano, tuttavia, fortunate interpretazioni di conservazioni in legno, che hanno dato vita a vini dal gusto più corposo e intenso.
La gradazione alcolica minima presentata dai vini ottenuti da queste uve è solitamene di 11 gradi, sebbene molti prodotti DOC si presentino a 13,5 gradi.
Tra gli abbinamento consigliati vi sono sia piatti di pesce che primi delicati. Il pesce va bene in qualsiasi modo, dalle preparazioni crude, come il carpaccio, ai crostacei e alle ostriche. Tra i primi piatti invece, si ritrovano paste estive, risotti delicati con zucchine. Consigliati anche gli antipasti a base di formaggi cremosi e non stagionati: dalla caprese, alla famosa bufala campana, con la quale sembra crearsi un connubio di sapori virtuoso. Secondo alcuni produttori locali, infine, la Falanghina sarebbe l'unico vino adatto alla tipica pizza Napoletana.
La Falanghina è un'uva principalmente campana, originaria dell'area del Sannio beneventano, del casertano e Campi flegrei, poi espansa a valli limitrofe. Essa copre un territorio pari al 5% dell'estensione dell'intera regione Campania.
La uve di varietà Falanghina raccontano una storia molta antica, come testimoniano i vitigni secolari, che si trovano tutt'ora nella zona tra Benevento e Montesarchio.
L'origine pare essere greco-balcanica, ma mantiene un velo di mistero. Secondo molti enologi pare se ne siano trovate tracce di coltivazione già in epoca romana. Il nome viene dall'antica parola Falanga, palo utilizzato per sorreggere le viti, di derivazione probabilmente greca, da falangos, palo.
E' del 1804 la sua prima descrizione moderna, ad opera di Nicola Onorati, frate francescano, docente all'università di Napoli, alla facoltà di agricoltura, che raccontò del gusto e delle caratteristiche organolettiche di questo vino campano, classificandolo nei suoi volumi. Fu poi Giuseppe Acerbi, nel 1825, autore di una descrizione così dettagliata della vite, che le permise l'inserimento nell'Orto Botanico di Napoli.
Nel corso del tempo il vitigno di Falanghina venne progressivamente abbandonato, fino a quando non si scoprì che era immune alla filossera, malattia della vite che distrusse numerose produzioni. Questo fortuito incidente dette il vita alla rivalutazione della vite, riattivando vitigni e produzioni autoctone, che diedero vita a pregiati esemplari ottenuti con queste uve e a una riscoperta di orgoglio popolare per l'origine del vino. Fu infatti dopo la seconda metà dello scorso secolo che la Falanghina acquisì celebrità, divenendo, infine, uno dei marchi-simbolo della qualità e dell'eccellenza vinicola campana, grazie anche ai numerosi riconoscimenti DOC ottenuti.
A questo proposito è importante rimarcare che la vinificazione della Falanghina ha subito un processo di ammodernamento negli scorsi anni, che ha consentito una sua evoluzione a produzioni qualitativamente più alte. Promuovendo, infatti, il passaggio da un tipo di metodo di allevamento puteolano, adatto a viti da distillazione, a metodi moderni, si è stati in grado di controllare la qualità del prodotto e il processo di produzione in modo da garantire qualità e vini di alto profilo.
E' nel 1989 che viene istituita la denominazione Falerno del Massico Bianco DOC, che produsse un tale interesse da aumentare esponenzialmente produzioni analoghe, in una sorta di effetto domino.