Nato nelle Langhe, é una delle prime denominazioni riconosciute in Italia nel 1966 assieme al Barolo. Dal colore rosso granato con un profumo intenso, caratteristico e con un netto sentore di piccoli frutti e rosa canina. (continua)
Nato nelle Langhe, é una delle prime denominazioni riconosciute in Italia nel 1966 assieme al Barolo. Dal colore rosso granato con un profumo intenso, caratteristico e con un netto sentore di piccoli frutti e rosa canina. Al palato risulta asciutto ed armonico nella sua pienezza. Il Barbaresco è ottenuto da Nebbiolo in purezza e si presenta con un colore intenso e brillante che va sfumando dal rosso rubino al granato e un bouquet stimolante di profumi ancora fruttati eppure eterei che richiamano il lampone e la confettura di frutti rossi, il geranio e la viola, ma anche il pepe verde, la cannella e la noce moscata, il fieno e il legno, la nocciola tostata, la vaniglia e perfino l’anice. Deve invecchiare almeno due anni di cui uno in legno di rovere e dopo quattro può definirsi “Riserva”.
La caratteristica dell'uva Nebbiolo è quella di essere provvista di molti elementi polifenolici anche se la colorazione non appare eccessivamente vistosa.
Molti vini prodotti con il Nebbiolo presentano una caratteristica trasparenza tanto, che la visione dal calice appare nitida e limpida, anche se non mancano eccezioni che confermano la regola.
Per ciò che concerne la colorazione, il Barbaresco appare in tutta la sua prorompente giovinezza e si presenta di un bel colore rosso acceso con sfumature a volta intense di rosso amaranto, specialmente nei primi anni di vita.
Dopo qualche anno di invecchiamento, il Barbaresco acquisterà un tipico color rosso arancio che sarà la tonalità predominante.
Colori e sfumature variano a seconda delle zone di produzione e così, mentre nel 'Barbaresco cottà di Sottimano' si nota una colorazione rosso rubino molto scura, nel 'Barbaresco Stefano di castello di Neive', il rosso rubino appare chiaro e poco intenso alla visione.
Tuttavia, indipendentemente dalle terre di provenienza del Nebbiolo, la trasparenza moderata dei vini rimane la caratteristica che accomuna ogni bevanda.
Il vino che proviene dal Nebbiolo, all'esame olfattivo, si presenta con un piacevole profumo fruttato che rammenta la terra d'origine.
Ogni Barbaresco si differenzia dall'altro a seconda della botte in cui viene conservato.
Il legno regala impatti forti pur conservando l'aroma elegante della frutta come la ciliegia o la prugna e dei fiori come la violetta e la rosa.
Se il Barbaresco viene fatto maturare in 'Barrique' si presenterà all'esame olfattivo con il tipico profumo di vaniglia al contrario di un Barbaresco lasciato maturare in botte che assumerà un delicato profumo di liquirizia.
Gli aromi si percepiranno molto leggermente all'apertura mentre, nel momento in cui il calice viene roteato per favorire l'ossigenazione, diventeranno assai più intensi.
Emergeranno profumi di violetta e, a tratti, di lampone o prugna e, inoltre, si avvertiranno gradevolissimi spunti di cannella o mentolo a seconda delle qualità del Nebbiolo e di come viene fatto maturare il vino.
A tal proposito, è doveroso ricordare che l'unico vino fatto maturare in 'barrique' è il Barbaresco cottà di Sottimano.
All'esame gustativo, il Barbaresco si presenta fine e gentile e non rientra nella definizione che spesso viene data ai vini che vengono prodotti con l'uva Nebbiolo.
Si usa dire che questi vini sono come 'un pugno di ferro in un guanto di velluto'.
Il fatto che il Barbaresco non rientri in questa spiegazione non deve trarre in inganno perché è pur sempre un vino ricco di tannini e, già al primo assaggio, si percepisce la sua estrema imponenza.
Una delle tante caratteristiche gustative di questo vino è la freschezza, che affinché sia corretta, ha bisogno di una quantità di alcool giusta e di un'idonea maturazione.
La 'morbidezza' del Barbaresco è data dalla conservazione in botti di legno o barrique e nel caso la scelta ricada su quest'ultima, il vino acquisterà inevitabilmente, una composizione piacevolmente acida al contrario dei vini maturati nel legno, molto più morbidi.
All'esame gustativo, la quantità di alcool incide significativamente perché ne determina l'equilibrio.
Nel caso di un 'Barbaresco Rabajà di Bruno Rocca' conservato in botti i legno, si avvertirà un forte sapore di prugna e ciliegia e si determinerà il perfetto connubio tra morbidezza e freschezza.
In ogni qualità di Barbaresco si avverte la nobiltà di questo vino che appare di classe e con una persistenza tipica differente da altri vini non prodotti con il Nebbiolo.
Il sapore di frutta basilare, ai fini della degustazione, è un elemento che nobilita il Barbaresco perché lo rende piacevole anche dopo la deglutizione.
Vino di pregiata qualità, il Barbaresco affonda le sue radici in Piemonte, in particolare, nella zona di Cuneo dove i romani coltivarono meticolosamente gli ampi boschi.
Le querce, considerate sacre a Marte, vennero tagliate per far posto alle viti.
Negli anni passati non si riusciva a comprendere quali fossero i vitigni di appartenenza ma si pensava provenissero dal ceppo del rinomato Nebbiolo.
Secondo scritti risalenti agli anni 1200, il 'Nebiul', così come lo chiamavano i piemontesi, era il vino più apprezzato sul territorio e non si trova traccia di testimonianze su altri vitigni, come il Barbera che pare venisse degustato solo nel 1700.
L'archivio parrocchiale cuneese è provvisto di una vasta serie di scritti che sono la testimonianza effettiva di quanto fosse importante per la popolazione locale avere a disposizione un vino di meritato valore.
Si narra di un episodio datato 1799 che riporta le parole di un famoso condottiero austriaco che ordinò ai propri soldati, di portare sul campo di Barbaresco una 'carrà' di quell'ottimo e gustoso vino, un tempo chiamato 'Nebbiolo'.
Nell'antico dialetto locale, il termine 'carrà' si utilizzava per definire una piccola botte di legno che veniva adoperata per la conservazione ed il trasporto del vino da un luogo all'altro, tramite l'aiuto di animali da trasporto quali buoi o muli.
Il Nebbiolo, tra leggenda e realtà, ha subito mutamenti genetici che lo hanno reso il protagonista assoluto e l'attuale Barbaresco ha delle certezze che si sono acquisite solo negli anni, ma sono significative e gli donano la fama di un vino elevatamente superiore.
Nella Cascina Drago di San Rocco Seno d'Elvio viene gelosamente conservata una bottiglia sulla quale è applicata una scritta che recita testualmente 'Barbaresco 1880' ed è la bottiglia di vino più vecchia del paese di San Rocco, un tempo facente parte di Barbaresco.
Un'altra data storica è il 1894, anno in cui il direttore della scuola enologica di Alba, acquistò il castello di Barbaresco.
Domizio Cavazza può tranquillamente considerarsi 'il papà' del Barbaresco, poiché diede vita alle cantine sociali e riuscì ad unire tutti i produttori delle zone limitrofe e volse la sua opera esclusivamente per avvantaggiare il benessere delle popolazioni di quelle colline verdeggianti.
Verso la fine dell'800 ci fu una nuova ed importante svolta per i vinificatori del paese, grazie ad un onorevole romano, un tal Teobaldo Calissano che affrontò seriamente la questione della salvaguardia di alcuni vini che intendeva preservare da falsificazioni.
Fu uno dei primi disegni di legge atti a conservare intatte le qualità di una bevanda pregiata e prodotta secondo le tradizionali consuetudini dei viticoltori locali.
Dal 1912 in poi iniziarono anni duri e difficili per il Barbaresco e per coloro che speravano di portare avanti un progetto atto a far conoscere alcuni vini a livello nazionale.
Quell'anno, infatti, morì prematuramente Domizio Cavazza e anni di duri sacrifici furono quasi buttati al vento, anche perché da lì a poco, sarebbe iniziata la grande guerra, periodo di fame ed immensa povertà.
Seppur i viticoltori continuarono accanitamente la coltivazione delle viti, le regole imposte dal regime fascista imposero la semina dei campi e quelle poche uve prodotte venivano vendute a prezzi quasi ridicoli.
Furono anni duri e fu difficile risalire la china ma nel 1933, il Barbaresco fu riconosciuto come 'vino di alto pregio'.
Il 23 Aprile del 1966, il Barbaresco è diventato un vino a Denominazione di origine controllata ed è stato un risultato alquanto prestigioso, visto che assieme al Brunello di Montalcino e al Chianti, è stato il primo vino a ricevere questo riconoscimento.